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Fox012345

Marc Willow
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Prima missione

Synet varcò la soglia del Kindlom, un locale notturno che aveva frequentato nelle ultime sere, sempre pieno di clienti in cerca solo di divertimento ed eventualmente una conclusione in dolce compagnia. Studiò le persone che aveva riconosciuto, clienti abituali, facce che conosceva per via del suo lavoro. Dal centro di una pista da ballo proveniva una musica assordante, delle ballerine si contorcevano in movimenti impossibili per persone normali, alcune donne ubriache cercavano malamente di imitarle. Soltanto un'aliena sopra a un tavolo si esibiva degnamente, ripetendo fedelmente quel ballo assurdo. Ma lei poteva, era stata geneticamente progettata per essere agile come nessun'altra creatura nell'universo. Il muso di un pipistrello coperto di peli, la coda che frustava l'aria e i lunghi artigli che rimandavano bagliori sotto la luce ultravioletta, erano le caratteristiche inconfondibili di una Eniss, una predatrice che lavorava in città come guardia, o  come killer. Anche loro devono pur divertirsi ogni tanto, pensò Synet, ma non possono nascondere ciò che sono. Ce n'erano tre nei dintorni e un altro paio scendeva le scale dal piano di sopra, dove si trovavano dei tavoli per il gioco d'azzardo. Queste ultime chiacchieravano animatamente, ridendo, come due vecchie amiche. Se non fosse stato per l'aspetto da fiere, non si sarebbe potuto dire che fossero delle belve crudeli e sanguinarie.
Una delle due si fece seria all'improvviso e voltò la testa di scatto in direzione di Synet, questi si nascose prontamente tra la folla di clienti. Forse non l'aveva visto, ma che ne avesse sentito l'odore? O riconosciuto il rumore del respiro? Con tutta quella gente e quel chiasso?
Quando tornò a cercarla, lei era sparita assieme all'amica. Se avessero sospettato di essere sorvegliate, nulla avrebbe impedito loro di dileguarsi in un attimo, erano troppo veloci.
Muovendosi rapidamente le ritrovo appena uscite dal locale, intente a conversare con tre avventori, uomini ubriachi, forse troppo per capire che non era il caso di infastidire delle Eniss. Quella che Synet puntava diede una spinta a uno di loro, che barcollò cadendo a terra. L'altra rise. Un secondo uomo l'afferrò per una spalla, per lamentarsi del suo gesto, lei gli mostrò subito le zanne, sporgenti da un sorriso ampio e agghiacciante. Lui desistette e le Eniss se ne andarono tranquille, attraversando la strada. Adesso sarebbe stato impossibile per Synet seguirle, se ne sarebbero accorte immediatamente.

Cristam attraversò fulminea il quartiere che la separava dal suo obiettivo, una villa antica, immersa in un fitto boschetto in periferia. Le ombre della Eniss avevano appena il tempo di stagliarsi sulla strada, sulle pareti degli edifici, prima di svanire come il vapore sottile. La luce della luna del pianeta Kalimaher la rendeva un fantasma evanescente. Saltava su ogni superficie che il caso le offriva a portata delle agili zampe, le sue falcate coprivano diversi metri, la lunga coda flessuosa frustava l'aria con un suono simile a un filo metallico.
Interruppe la sua corsa sotto un muro di cinta e attese di udire ogni sussurro, di percepire ogni presenza. Una guardia passava al di là del muro, a una decina di metri e non poteva sospettare della presenza della Eniss. Cristam saltellò furtiva, aggirando l'occhio di una telecamera. Era stata preparata per quella missione, sapeva quali apparecchiature di sorveglianza avrebbe trovato e dove. Non si avvicinò al cancello, individuò l'ottimo punto per saltare nella densa chioma di un albero vicino, al di là della parete. Si nascose fra i rami, un serpente in attesa di gettarsi sulla preda. La guardia passò lì sotto, un mitra fra le mani, lucente sotto i bagliori lunari. Silenziosa neve d'inverno, Cristam passò da un albero all'altro, senza essere vista. I sistemi di sicurezza l'avrebbero individuata se non avesse seguito un percorso preciso, studiato a tavolino. Percepì la presenza di una piccola squadriglia di cani che annusavano l'aria e di altri umani di ronda. Lei era troppo veloce per i loro sensi limitati. Sapeva come muoversi per evitare di offrire dei segnali odorosi ai cani e sgattaiolava alle spalle delle guardie, invisibile. S'arrampicò velocemente su una grondaia e si appiattì contro un tetto dalla pendenza dolce, fino a nascondersi su di un terrazzo al secondo piano della grande villa.
Da lì percepiva la presenza di molte entità. Alcune erano umane, altre animali e robot in azione. I suoi sensi acutissimi le davano una chiara panoramica delle attività circostanti.
Doveva entrare, o attraverso una finestra aperta, o aprendo lei stessa un varco, senza farsi scoprire e in una posizione che non fosse facilmente visibile.
Percepì il calore forte che proveniva da dentro la casa. Il suo corpo era abituato ai regimi aridi e assolati del deserto, ma quella notte era particolarmente umida e lei poteva sudare, con il rischio di farsi odorare dai cani, o da entità meccaniche in allerta.
Indossava una divisa, una versione ridotta di una tuta da combattimento militare, senza braccia, né gambe, adattata per le peculiarità e le esigenze di mobilità delle agili Eniss. Estrasse un flaconcino da una tasca e ingoiò una pillola, contenente un farmaco appositamente studiato per impedirle di emettere qualunque sostanza attraverso la pelle.
La cosa la fece sentire particolarmente a proprio agio: adesso era uno spettro, un turbine d'aria e nulla più. Un animale senza permesso che esplorava indisturbato un nuovo territorio. Era eccitante, come non ricordava da un pezzo. Individuò la finestra, posta vicino al tetto più alto. All'interno non c'erano persone abbastanza vicine da poterla vedere mentre armeggiava per entrare. I suoi artigli erano stati geneticamente progettati per avere la durezza dei diamanti e la sensibilità dei baffi felini. Li aveva affilati giusto prima di partire. Con forza e determinazione incise una sezione rotonda del vetro, senza far scattare alcun allarme. La rimosse e l'appoggiò all'esterno. S'infilò nello stretto pertugio, non più largo dei suoi fianchi e s'insinuò nella casa nel più estremo silenzio.
Era in una soffitta. Trovò le scale per scendere, non aveva bisogno della luce, neanche di quella lunare, che filtrava appena, ci vedeva benissimo nel buio completo. Alcune persone si muovevano lentamente in casa. Lentamente rispetto a lei. Sembrava che la notte avesse gettato un incantesimo sulla villa e lei era un folletto protetto dalla magia. Le guardie pattugliavano i corridoi, lei riuscì facilmente a evitare loro e i loro visori a infrarossi. Il personale di servizio era a letto da un pezzo. Doveva localizzare il suo obiettivo e non farsi distrarre da altro. Sapeva dov'era, lo captava.
C'erano tre guardie nel corridoio, che passavano regolarmente davanti a una porta. Cristam sincronizzò l'osservazione dei movimenti dei tre uomini e, quando decise che poteva agire, fu un lampo nero nel cielo senza nubi. Raggiunse la porta, l'aprì, entrò e se la richiuse alle spalle senza problemi. I tre non avevano battuto ciglio.
La sua vittima dormiva, Cristam lo sapeva fin da quando era al piano di sopra, quando aveva udito il suo respiro. Lui era sdraiato sul letto, senza le coperte per il troppo caldo, di fianco c'era una donna, era stata avvertita che il suo obiettivo aveva una giovane amante. Erano entrambi nudi e nel mondo dei sogni.
La luce lunare filtrava dalla finestra e illuminava delicatamente i loro corpi. Era un uomo sulla cinquantina, grosso e muscoloso, con una gran pancia molle adagiata sulle lenzuola.
Cristam sapeva che avrebbe potuto ucciderlo, dissanguandolo con un tocco leggero, una ferita chirurgica, senza neppure svegliarlo. E si scoprì molto eccitata all'idea di rimanere a guardarlo agonizzare, mentre la vita gli fluiva via, inesorabile. Lo sfiorò con il dorso dell'artiglio, delicatamente, lui non se ne accorse, il suo respirò non cambiò. Dormiva profondamente come prima, esausto. Gli accarezzò lo stomaco con quell'arma affilata, quindi pensò che avrebbe potuto premere solo un poco e guardare quell'otre sgonfiarsi gettando una calda fontanella rossa. L'artiglio stava quasi per incidere, quando la donna gemette. Cristam si ritrasse e girò attorno al letto per raggiungerla. Lei si agitò fra le lenzuola, disturbata forse dal caldo, era impossibile che avvertisse la presenza della Eniss, tanto era stata discreta. Aprì gli occhi in tempo per vedere il volto bruno del sicario che la fissava compiaciuto. Solo un attimo dopo un poderoso manrovescio rispedì la donna nel mondo dei sogni, senza spargimento di sangue. Le avevano ordinato di fare un lavoro pulito ed evitare di mettere in mezzo chi non c'entrava.
Quella era la sua prima missione ufficiale, come agente speciale di un'organizzazione chiamata Kovo, ufficialmente istituita come organo di polizia per il recupero di criminali latitanti. Il Kovo, però, di tanto in tanto inviava segretamente agenti per colpire delinquenti difficili da arrestare, o da portare davanti a un giudice. Così la Eniss adesso doveva eliminare un personaggio scomodo del tutto indifeso. Senza dover lottare per sopravvivere, un semplice omicidio, facile come schiacciare un insetto. Quasi non ne aveva voglia. Non era sicura che le sarebbe piaciuto uccidere qualcuno nel sonno, senza avergli dato nemmeno una volta la possibilità di difendersi. Non aveva mai ammazzato nessuno così prima d'ora. Durante l'addestramento in Accademia non le avevano spiegato quali sensazioni si provavano a commettere un omicidio a sangue freddo e adesso le sembrava ingiustificato. Almeno fosse stato sveglio.
Cristam prese dalla cintura in vita una piccola ventosa e gliela appoggiò sullo stomaco. La ventosa risucchiò la pelle e vi aderì. Una piccola luce rossa segnalò che il congegno era entrato in funzione, aveva copiato i segnali vitali dell'uomo e li avrebbe simulati, ripetendoli ai sensori che sorvegliavano la sua salute e che sarebbero certamente impazziti se fosse morto. Così la Eniss avrebbe potuto ucciderlo senza far scattare alcun allarme. Pungolò il suo obiettivo sulla pancia molliccia, fino a svegliarlo, infastidito. Aprì gli occhi appiccicosi e scorse allargarsi un macabro sorriso, su una bocca dalla quale sporgevano due zanne d'avorio illuminate dalla luna. Il profilo alieno della cacciatrice era inconfondibile. L'ultimo respiro dell'uomo fu quello di chi guardava in faccia la propria morte. Non vide nemmeno allungarsi la zampa, sentì solo il calore del suo sangue che gli bagnava abbondante il collo e non poté gridare.
Cristam sgattaiolò fuori dalla stanza, sogghignando come una bambina con un barattolo di marmellata fra le mani. Allungò il passo per uscire dalla villa il prima possibile, ma non capì subito di aver sbagliato i conti nel prevedere i movimenti delle guardie. Si trovava su una gradinata per scendere al pian terreno, quando udì i loro passi convergere verso di lei. Fu costretta a risalire per non essere vista e in fine dovette ripiegare in una stanza. Per qualche ragione l'uomo che vi dormiva si svegliò da solo e accese la luce, per scoprire chi si fosse intrufolato.
La Eniss bloccò lo scatto un millisecondo prima di muoversi e il suo avversario rimase incolume, senza sapere quanto vicino fosse arrivato alla morte. Lo riconobbe, era Synet, un investigatore privato che la seguiva da un po' di tempo.
– Cosa diavolo ci fai in questa casa? – gli chiese, sottovoce, incenerendolo con gli occhi.
Synet scosse il capo.
– No, non lo uccidere, aspetta – rispose – tu non capisci, lui mi serve vivo.
– Parli di Qolowai?
– È il capo di un'organizzazione criminale, lo so. E merita senz'altro la morte, ma se muore tutte le mie indagini andranno a puttane.
Cristam balzò e Synet vide solo la sua sagoma materializzarsi a un centimetro da lui. Un artiglio lo pungolava alle costole.
– Lavori per loro, vero? Gliel'hai detto che dovevo venire qui, sapevi tutto.
– No, ti sbagli. Ho lavorato molto per infiltrarmi, non rovinare tutto.
La Eniss gli mozzò il respiro per un momento, premendogli una costola.
– Lo giuro – disse lui – sono stato incaricato di scoprire dove vengono condotte le persone rapite in questa regione e sono sicuro che il responsabile sia Qolowai. Se lo uccidi la situazione nell'organizzazione verrà rovesciata e io sarò sbattuto fuori dal suo successore.
– Se mi stai mentendo – gli rispose, soffiandogli l'alito caldo a un palmo dal naso e mostrandogli le zanne ben scoperte – ti apro come una trota della sabbia e getto le tue viscere ai cani.
– Non lo faresti, il tuo incarico è di uccidere un solo bersaglio, evitando il chiasso.
– Adesso sei tu in errore, devo eliminare anche eventuali testimoni che mi abbiano riconosciuto.
– Non è necessario – assicurò, con voce tremante – non c'è motivo di denunciarti. Solo, lascialo stare. Al tuo comando racconta che la sorveglianza era eccessiva e sei stata costretta a rimandare.
Cristam rise divertita, fissandolo negli occhi.
– Credi davvero che rinuncerò? La mia missione è più importante della tua stupida indagine e se osi dare l'allarme, o solo richiamare l'attenzione delle guardie, sei un cadavere.
Synet alzò le mani.
– Non farò nulla. Però parliamo.
Con un movimento fulmineo spostò il braccio e l'artiglio dal suo torace, le fece lo sgambetto e la tirò per una spalla, per farle perdere l'equilibrio. Synet perse in un attimo il senso dell'orientamento e osservò la stanza ruotargli intorno in modo assurdo. Il suo stomaco fece una capriola, mentre lui veniva sbattuto sul letto e immobilizzato gambe e braccia, grazie agli artigli che si ancoravano al letto. La Eniss era sopra di lui.
– E adesso cos'hai in mente di dirmi, mio ingenuo investigatore? Voglio sapere cos'hai scoperto e sarà meglio che parli, non sto affatto scherzando.
Synet ingoiò un groppo alla gola, cercare di immobilizzare una Eniss era stata una pessima idea.
– So per certo che da qualche parte in periferia c'è un cosmodromo che lancia navi nello spazio dirette per Gasmenis, a un centinaio di anni luce da qui. È lì che vengono portati molti giovani rapiti, per essere venduti come schiavi. Si tratta di ragazzi con qualità particolari, nati da embrioni importati sul pianeta e geneticamente modificati, tramite esperimenti segreti dei tleilaxu. Non mi domandare quali differenze abbiano con i normali umani perché non lo so. Sono in pochi a sapere dove si trova il cosmodromo, trovarlo sarebbe una prova della colpevolezza di Qolowai.
– Non sarebbe più semplice sgominare l'intera banda e basta?
Synet rise.
– Commettere una simile strage senza ragione? E chi pagherebbe? Come potrebbero i vertici della Kovo giustificarsi?
– Perché dovrebbe essere stata proprio la Kovo?
– Chi pensi sarebbe in grado di farlo, altrimenti? Qui hanno un esercito ed è solo parte dell'organizzazione.
– Io sono sicura che potrei.
– Da sola? Sarai anche una macchina da guerra, ma loro hanno mezzi e tecnologia per contrastare un plotone di voi.
Cristam avvicinò il volto al suo.
– E allora io come ho fatto a entrare?
– Potresti morire nel tentativo di eliminarlo. Non dubito stiano aspettando un sicario. Ho controllato la Kovo, è vero, per capire chi e quando avrebbe colpito, ma ho solo individuato te e non era mia intenzione dirlo a Qolowai.
– Bugiardo, mi avresti venduto per le tue indagini. Io del resto sono solo una orrenda Eniss, non è così?
Synet le chiuse la bocca appoggiando le labbra sulle sue, cercando la sua lingua ritrosa ed evitando di ferirsi la faccia con le zanne. Ci voleva un bel coraggio per baciare una Eniss senza permesso, ma se sopravvivevi potevi andare in giro a raccontarlo.
Cristam balzò via dal letto e atterrò vicino alla porta.
– Io non direi proprio orrenda – commentò Synet, alzandosi.
La Eniss si voltò distratta da dei rumori all'esterno.
– C'è movimento lì fuori, devo scappare. Ne riparleremo, investigatore della malora. Non pensare di avermi presa in giro, la prossima volta ti uccido di sicuro.
Uscì veloce com'era entrata e riuscì in pochi secondi a svanire nella notte, lasciando la villa.
Nel giro di un minuto in casa si scatenò il panico, il cadavere era stato scoperto in un lago di sangue, qualcosa non aveva funzionato bene nel simulatore dei segnali vitali. Il mattino dopo la notizia che fosse stata una Eniss circolava incontrollata in città, ma quale Eniss sarebbe stato impossibile scoprirlo.

"Al Kindlom questa sera ballano tutti", pensò Synet. Non importava se erano ubriachi, stanchi, o in cerca di avventura, quando una Eniss colpiva avevano voglia solo di distrarsi, per non pensarci, per non ricordarsi che quelle creature vivevano in mezzo a loro, come se niente di importante fosse accaduto. Poteva essere stata chiunque di loro presenti lì al locale, oppure nessuna, ma loro non se ne preoccupavano, erano sfacciate, come se uccidere fosse un loro diritto. Ma in fondo era un mestiere.
Una Eniss scese le scale, saltandone alcune, sembrava felice, forse aveva vinto dei soldi. Synet finse di non averla vista, ma subito si mise a seguirla, appena uscita dal locale. In strada sarebbe stato facile farsi scoprire, ma non aveva importanza, lei già sapeva di essere sorvegliata. E lui rischiava la vita tutti i giorni, come infiltrato di un'organizzazione criminale. Venire squartato da una Eniss non era la fine peggiore che si potesse immaginare. E stasera aveva voglia di farsi prendere, doveva parlarle assolutamente, non poteva continuare a vedere i suoi piani mandati a monte. Lei già lo stava aspettando dietro un angolo, magari non per ucciderlo, o forse sì, chissà, gli artigli erano sguainati, comunque.
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Eniss

Il sole del primo pomeriggio cuoceva prepotente il terreno riarso, in una regione desertica e lontana da ogni forma di civiltà. Al centro dell'arena le due Eniss si scrutavano immobili, a cinque metri l'una dall'altra, mentre le compagne, almeno un centinaio, erano tutt'intorno, in piedi, che gridavano agitandosi e incitandole al combattimento. I capigruppo se ne stavano in disparte, attendendo senza scomporsi la fine dello scontro. I volti delle due contendenti erano privi di espressione. Si stavano giocando tutto quello che possedevano: la vita. Non si staccavano gli occhi di dosso un solo istante, non battevano le palpebre, erano di pietra. Le urla si fecero assordanti, i piedi delle spettatrici colpivano ostinati la terra, sollevando una bassa nuvola di polvere che si espandeva ovunque. Una delle due predatrici respirò profondamente, l'indice della mano destra ebbe un fremito, una contrazione e un artiglio minaccioso si mosse. Fu il segnale d'inizio. Lo scontro fu improvviso, l'azione istantanea. All'unisono le due Eniss si piegarono in avanti e, a una velocità impossibile per l'occhio umano, schizzarono l'una contro l'altra. Gli artigli e le zanne di entrambe agirono in un momento imprecisato, rilanciando bagliori della luce del sole. I due corpi parvero attraversarsi a vicenda, arrestarsi immediatamente e scontrarsi di nuovo, come fossero legati insieme. Una nuvola rossa di sangue esplose, ma la lotta non si concluse subito, solo quando il gomito di una colpì violentemente il mento dell'altra, un rumore sordo decretò la vittoria della più forte. Il corpo privo di vita della sconfitta cadde pesantemente sul terreno. La tuta da combattimento era stata aperta, la carne squarciata. Dal collo e dal petto della sconfitta le ferite mortali inondarono di sangue la vincitrice e la terra ai suoi piedi.
Il pubblico, sempre più incontenibile, esultò di piacere per lo spettacolo e alcune gridarono il nome della sopravvissuta. Quest'ultima lanciò una lunga occhiata al cadavere che poco prima era appartenuto a una sua simile. Così, senza alcun ripensamento, l'aveva uccisa con l'abilità acquisita durante il lungo addestramento. Era orgogliosa di sé in quel momento, prima di dover tornare alla dura vita quotidiana. Aveva dimostrato la sua superiorità senza riportare ferite e ora avrebbe meritato il rispetto delle altre.
Il Commissario German mosse veloci passi attraverso l'ampio corridoio dell'edificio, che per l'incuria si poteva vagamente definire casermone. Una donna anziana attendeva il suo arrivo e subito ella si dimostrò molto disponibile e riverente nei suoi confronti.
"Non è una donna, ma una vecchia Eniss", pensò German, mentre la giudicava dall'alto in basso, "non ho nessuna voglia di rimanere in sua compagnia."
– Facciamo presto, la chiami, la porto via subito.
La vecchia fece un inchino rispettoso. – Sì, signor German, procedo immediatamente.
Si allontanò, svanendo in un'altra ala dell'edificio.
Dopo pochi minuti la porta cigolò e si affacciò un muso peloso, simile a quello di un pipistrello, ma portato da un corpo eretto, dal profilo umanoide. A seguirla nella stanza la lunga coda felina, che subito andò ad attorcigliarsi attorno alle gambe, in segno di remissione. German seguì la linea tracciata dai lunghi artigli ingialliti degli arti superiori. "Ingialliti per via del sangue con cui si sono bagnati", pensò. La giovane Eniss indossava una tuta standard da combattimento, che la identificava come una recluta del campo. Era ricoperta di peli, era questo l'elemento dominante del suo aspetto, molto sgradevole per un ordinato uomo di città come German. Odiava dover avere a che fare con quelle creature, ma il lavoro lo esigeva. "Un animale indigeno del pianeta, la cui evoluzione della specie è stata guidata dalle mani esperte dei Tleilaxu". Incrociate con geni umani le Eniss avevano acquisito intelligenza, senza perdere la loro indole feroce e sanguinaria. Allevate e addestrate a scopo bellico, più spietate dei soldati Sardaukar e più insidiose dei Fremen del pianeta Dune, le Eniss erano state impiegate con successo per sedare alcune ribellioni ai confini dell'impero.
– Il tuo nome è Cristam, giusto? Ho visionato la registrazione del tuo esame della settimana scorsa, nell'arena. L'hai superato brillantemente. Il tuo posto non è più qui: è venuto il momento di mettere in pratica il frutto dei tuoi allenamenti. Sei stata scelta come cacciatrice, da domani lavorerai nella sezione anti evasione nella città di Sadir.
"Quando una recluta lascia il campo di addestramento lo fa o in pezzi o per cominciare un lavoro", rifletté la giovane Eniss, "è giunta l'ora di mostrare quanto valgo. Di iniziare una nuova vita."
Nella piazzola esterna all'edificio c'era ad attenderli un'ala, veicolo che Cristam non aveva mai visto prima. German invitò la ragazza mutante a salire velocemente, quindi fece cenno al pilota di partire. Prima ancora di vederle, la giovane Eniss avvertì la presenza di tre persone oltre a loro. Uno era ai comandi dell'apparecchio, ma gli altri avrebbero dovuto viaggiare vicino a lei. C'era un uomo più giovane del Commissario, coi capelli biondi e gli abiti chiari e poi... un'altra Eniss, che guardava fuori dal finestrino, distrattamente. Doveva essere un po' più vecchia di lei, ma non di molto. Indossava abiti umani. Cristam esitò.
– Siediti – l'ammonì subito German, stizzito da quel comportamento.
La ragazza obbedì senza discutere. Era molto sorpresa d'aver trovato una sua simile nel veicolo. L'apparecchio iniziò a rollare e in breve si staccò dal suolo. La giovane Eniss guardò con aria di sfida la sua simile, aspettandosi di dover litigare, ma questa non fece alcun cenno di badare a lei e continuò a fissare il finestrino. Non mostrava il benché minimo interesse per Cristam, era del tutto rilassata, anzi, si poteva avvertire della noia in lei. Era strano. Di solito due Eniss che non si conoscevano si affrontavano per stabilire un ordine di autorità, pensò la ragazza. "Perché questa tizia mi snobba? Come si permette?" Sapeva di non poter far niente in presenza degli uomini, ma avrebbe voluto metterle le mani addosso.
German diede una rapida occhiata alla giovane, che lesse nella sua espressione le parole: "non fare niente di niente finché non arriviamo." Doveva riuscire a trattenersi.
L'uomo biondo parlò. – German, ti devo mollare a Sadir, ho un appuntamento fuori città.
German inarcò un sopracciglio. – Ho bisogno di te al Congresso, Salo. La presento da solo la relazione sul controllo climatico?
– Non ti arrabbiare, il lavoro che abbiamo fatto è perfetto, non c'è bisogno della mia presenza. Gli altri membri gradiranno la tua esposizione – commentò Salo, quindi puntò lo sguardo verso la giovane Eniss – è questa allora la nuova leva per la sezione 95?
Il Commissario rimase serio. – A proposito, Agata, dovrai badare a lei.
– Cosa?! – esclamò l'altra Eniss, come se fosse stata risvegliata bruscamente. La sua voce possedeva un tono stranamente umano. Cristam la osservò rimanere a bocca aperta.
– Perché credi di essere stata nominata Ispettrice alla 95? – continuò l'uomo – Dovrai prendere questa Eniss e portarla a destinazione una volta in città, io non me ne voglio occupare. E soprattutto dovrai assicurarti che non si metta a fare cose strane. Abbiamo appena lasciato un campo di addestramento, ti ricordi d'esserci stata, hai presente le tue vecchie abitudini? Dovrai controllare che non aggredisca nessuno e che mantenga un comportamento decente.
Agata guardò Cristam, poi di nuovo German, era scioccata. – Mi dovrò sorbire la novellina? Questa è una carognata! – disse, puntandogli contro un artiglio – Tu vuoi farmi un dispetto perché sono stata promossa. Credevo avrei avuto il tempo di dedicarmi agli studi in Accademia...
– Rimarrai al reparto – rispose il Commissario, risoluto – ti prenderai cura di lei finché non sarà pronta e la presenterai agli istruttori, le farai da guida in città, non può girare da sola. Io sono oberato di lavoro, anche per colpa di Salo, che sottovaluta la sua posizione...
Salo sorrise di nuovo, per nulla preoccupato. Agata si appoggiò allo schienale del sedile, con aria rassegnata. Tornò a guardare fuori. Cristam, muovendo gli occhi per fissare uno dopo l'altro i suoi compagni di viaggio, sentì la sua carica aggressiva venire meno. L'altra Eniss era dunque una veterana e da oggi avrebbe dovuto obbedirle. "Una situazione seccante. Ma non potrà essere peggio del campo."
– Ehi, c'è un verme! – esclamò Agata, che si era rivolta di nuovo ad ammirare il panorama.
Salo si sporse per guardare. – È arrivato sin qui? Mi sembra piuttosto anomalo. Erano anni che non ne vedevo uno. Li avevi mai visti, Cristam?
German la fissò cupo: "rispondi."
– No, mai – biascicò timidamente. La sua voce era raschiosa, con un che del sibilo del serpente.
– È enorme – commentò Agata – sarà lungo quasi un chilometro.
– Chissà cosa lo ha spinto fino a qui – proseguì Salo – i cambiamenti climatici di questo pianeta non finiscono mai. Tutto merito della desertificazione troppo veloce, allo scopo di ottenere l'allevamento delle trote della sabbia e la produzione della spezia miracolosa, il melange.
Il Commissario lo guardò di sottecchi.
Agata gridò. L'attenzione dei passeggeri fu subito rapita da ciò che stava indicando la Eniss: un gruppo di persone correva allontanandosi da un relitto in fiamme.
– Sono sulla traiettoria del verme – notò Salo – dobbiamo scendere a recuperarli, o verranno divorati.
Il Commissario fece cenno al pilota e l'ala compì una stretta virata, puntando su di una spianata.
I sopravvissuti all'incidente aereo si affrettarono a raggiungere i soccorsi. Erano in sei e potevano essere imbarcati, c'era spazio a sufficienza a bordo. Indossavano l'uniforme delle guardie speciali di Sadir.
– Cos'è accaduto? – volle informarsi il Commissario.
– Abbiamo avuto un guasto agli scudi e contemporaneamente siamo stati attaccati. Un cannone laser di terra ha colpito lo scafo.
– Ci sono vittime?
– Non riusciamo a trovare i due prigionieri che trasportavamo.
– Qualcuno deve aver organizzato un'evasione – commentò Salo – probabilmente sono ancora vivi e fuggono attraverso il deserto. I complici li recupereranno.
German sorrise. – Agata, ti va di fare un giro?
– Ah, no! – protestò lei – Manda la novizia: basta e avanza. – non attese che se ne occupasse il Commissario – Cristam – disse, rivolgendosi alla giovane – ti do il permesso di fare ciò che vuoi con i fuggiaschi. Valli a prendere.
– Ma non si perderà nel deserto, da sola? – commentò Salo – Non è mai uscita dal campo prima d'ora. E poi c'è il verme.
German intervenne. – Le Eniss hanno un addestramento adeguato. Noi sorvoleremo la zona. La recupereremo quando il verme si sarà allontanato. Ora va!
Cristam non credette alle proprie orecchie, poteva davvero andare a caccia.  Una caccia vera. Schizzò fuori dall'abitacolo dell'ala e corse a quattro zampe sulla calda sabbia del deserto. La persero subito di vista, dietro una nuvola di polvere. Il vento si stava alzando.
"Se incontri un verme muoviti come la sabbia delle dune. I tuoi passi devono essere irregolari. Il verme è attratto dalle vibrazioni, devi ingannarlo, fargli credere di essere il vento, una pietra che rotola e non una creatura viva che lui possa mangiare." Questo insegnamento le occupò la mente, mentre oltrepassava una piccola duna. La prima cosa che fece fu di raggiungere i resti del velivolo schiantato su delle rocce, in cerca di una traccia. Il fumo si levava in alto e tutt'intorno, riempiendole i sensi. Entrò nell'abitacolo sfasciato, annusando il passaggio degli umani, cercando di distinguere tra il puzzo delle guardie e quello dei prigionieri. Il suo obiettivo erano un uomo e una donna. Uscì di nuovo sotto il sole e subito trovò la traccia odorosa. Quando raggiunse la sabbia vide le orme. Ora c'erano solo lei e le sue prede. Non esisteva nient'altro, né il verme, né i suoi padroni che la spiavano dall'alto. La distanza che la separava dal suo obiettivo non faceva che aumentare la frenesia della caccia. Altri segnali odoriferi si sommarono: i complici. Effluvi strani, di sudore del deserto, di sabbia appiccicata alla pelle. Li poteva contare, erano otto umani in tutto. La pista si divise, Cristam si bloccò di colpo e si guardò intorno. Un'ombra si sollevò da dietro una duna alla sua destra, nella direzione del sole. La Eniss scattò in avanti, per evitare un colpo di fucile laser, che bruciò solo la sabbia, sfrigolando. Un altro uomo spuntò da dietro delle rocce, alla sua sinistra. Cristam approfittò del vento, che la nascose dietro una rapida nuvola densa di polvere. Quando la nube passò, lei non c'era più. Un urlo terribile squarciò l'aria rovente e le rocce si dipinsero di rosso. Una testa rotolò in mezzo alla radura, lasciando dietro di sé un guthrah bianco, il copricapo degli uomini del deserto. Cristam saltò al di sopra di un masso, reggendo con una mano il corpo decapitato e insanguinato, facendosene scudo. Le sue zanne gocciolavano sulla pietra, la sua gola emetteva un suono che era garanzia di morte. Un laser bruciò il petto del cadavere. La Eniss ne scagliò i resti a diversi metri di distanza, mentre lei svaniva come una fata Morgana.
Gli umani si radunarono ai piedi di una duna, in una posizione dalla quale avrebbero potuto controllare ogni direzione.
– Raggiungiamo il vostro trasporto prima che quel mostro salti fuori di nuovo – suggerì la donna.
– La slitta si trova a duecento metri da qui – commentò uno dei complici – hai visto quant'è veloce? È una maledetta Eniss, un soldato mutante, ci farà a pezzi se non la uccidiamo prima noi.
– Formiamo due gruppi e separiamoci.
– Se restiamo uniti potremo concentrare il fuoco. Tu non sai con che cosa abbiamo a che fare.
– So che sta arrivando un verme e quello mi sembra peggio!
Una piccola frana di sabbia sibilò sopra di loro. Un intreccio di raggi laser fece esplodere la cima della duna. Il gruppo si allontanò per non finire avvolto nella nube che precipitava.
– Forse l'abbiamo uccisa.
Un macigno piombò su di loro, come piovuto dal cielo. Uno degli uomini fu colpito a una spalla e cadde, urlando di dolore. Le risa beffarde della Eniss invasero l'aria.
– Lasciamolo qui e fuggiamo – insistette la donna, sempre più impaziente.
– Noi non abbandoniamo i nostri feriti – l'uomo aiutò il caduto a rialzarsi e ad appoggiarsi a lui.
La belva al fine si fece vedere. Avanzava lentamente a quattro zampe, una tigre che punta le prede mentre le sceglie, facendo scivolare la sabbia lungo il pendio, agitando la coda in alto. Gli umani concentrarono il fuoco nella sua direzione. Cristam saettò agilmente da una parte all'altra, evitando le piccole esplosioni, che generavano violente bolle grigie sopra il suolo instabile. E nel frattempo incombeva, avvicinandosi.
Un'esplosione la colse alla sprovvista dinanzi al volto. La Eniss balzò indietro, accecata e confusa ruzzolò lungo il pendio. Il fuoco s'intensificò, mentre gli uomini cercavano di colpirla attraverso il fumo. Un raggio la centrò al fianco, un altro le staccò di netto un avambraccio. Cristam urlò di dolore, maledicendo se stessa per il proprio errore.
Voom voom voom
Le vibrazioni erano nitide, impossibile per una Eniss non percepirle: il verme era quasi su di loro. Cristam respirò a fondo, distesa sulla terra. Non aveva chance se rimaneva ferma. "Uccisa dalle mie prede? Mai!"
Quando i ribelli, gridando eccitati, giunsero dove l'avevano abbattuta, lei non era lì, inerme ad aspettarli, come se l'erano immaginata.
Voom voom voom
Ora riuscivano a udirlo anche loro.
– Il verme ci è addosso, fuggiamo.
Gli umani si voltarono. Il vento capriccioso alzò la polvere alle loro spalle. Il colore della sabbia mutò come la luce del tramonto, dal bianco al rosso. Gli schizzi di sangue bagnarono la polvere, che ricadde pesante su di loro. Uno degli uomini vide solo un lampo, il riflesso del sole sugli artigli di uno spettro e poi il buio. Il rumore delle ossa che si spaccavano si mescolò a quello delle urla di agonia. I fucili fecero fuoco tutt'intorno, sparando ai fantasmi e ai miraggi. Il vento giocò con loro, generando turbini e gettando la sabbia negli occhi. Il vento cessò. Il muso bruno di un demonio apparve attraverso la coltre, mentre la sabbia si posava. Già era altrove, quando i laser bucarono la polvere, disegnando rapidi vortici. L'uomo ferito alla spalla sbiancò e guardandosi il braccio destro scoprì di non averlo più. Il suo compagno lo lasciò e si mise a sparare all'impazzata, gridando. Una figura magra balzò in alto, piombandogli sopra come un serpente da un albero.
"Ne rimangono quattro", pensò la Eniss.
Il verme scosse il mondo attorno a loro, l'atmosfera si riempì di un odore acre di spezia. I sopravvissuti all'assalto fuggirono verso l'unica speranza di salvezza: la slitta. Cristam si mise all'inseguimento, gareggiando contro di loro con tre zampe ancora sane. Il primo che raggiunse fu il prigioniero maschio, lo azzoppò recidendogli entrambi i tendini d'Achille. A terra lo girò per fissarlo in volto e mostrargli le zanne, prima di finirlo aprendogli la gola con l'avorio. Gli sembrava estremamente facile adesso dargli la caccia, esseri lenti messi in fuga dalla carica del predatore. E il mostro enorme si apriva la strada nella sabbia, facendo crollare le dune tutt'intorno.
Un altro fuscello di carne venne scaraventato via come una bambola scomposta. L'ultimo maschio inciampò da solo e morse il terreno. La Eniss eccitata frenò di fianco a lui. Avrebbe voluto giocarci, con quel topolino che tremava impaurito, ma c'era un'altra preda ben più importante. Con gli artigli dell'unica mano che aveva, gli trapassò il fragile petto e dilaniò la carne morbida del cuore. Non perse tempo e schizzò in direzione della donna. Dov'era? Non la vedeva. Una forma strana e metallica emerse rumorosamente da dietro a un cumulo di rocce. Il terreno si sollevò di colpo, schiacciando Cristam e la slitta contro la sabbia. Il corpo spropositato del verme si faceva strada per venire alla luce. La donna sforzò il motore del veicolo per costringerlo ad avanzare. La Eniss raggiunse quella scatola scintillante e vi si aggrappò a una sporgenza con gli artigli. Ma non riuscì a mantenere la presa, il motore diede uno strappo e Cristam ruzzolò lungo il pendio della montagna sollevata dal bestione sotto di loro. La testa enorme del mostro crebbe, al pari di un vulcano in eruzione. Un'ampia grotta si aprì e le diverse file di denti acuminati si presentarono, pregustando il banchetto. La donna non riuscì a modificare la rotta e il trasporto spiraleggiò inesorabilmente dentro la bocca del colosso, svanendo per sempre nell'abisso del suo corpo. La testa del mostro continuò a grondare sabbia e a emettere un vento caldo assieme al suo ruggito, che faceva tremare le rocce depositate lì attorno. La Eniss, paralizzata dal terrore, cadde in ginocchio, convinta che la sua giovane vita volgesse al termine, divorata dal Signore delle sabbie. Il verme rimase immobile sopra di lei, in un momento che sembrò sospeso per l'eternità. Lentamente il corpo del gigante si ritrasse, sempre di più, facendosi strada e sprofondando sotto la sabbia. Cristam non si destò, preda dell'evento eccezionale era tornata bambina, impaurita di fronte a un essere più grande di lei.
Il verme scomparì. In lontananza si udì il ritmo costante di un martellatore, il marchingegno studiato per distrarre quei titani, un'esca efficace che li richiamava altrove. Qualcuno l'aveva salvata.
La Eniss cadde sulla schiena, con la faccia immersa nella luce del sole. Per un attimo il cielo si oscurò, era l'ala che planava sopra di lei: erano tornati a prenderla, come promesso.
La portarono a bordo del veicolo e in breve ritrovarono anche l'arto amputato.
– Tranquilla, Cristam – fece il Commissario, incerto se essere preoccupato per lei – ora si va diretti a Sadir.
Salo le sorrise e le strizzò un occhio. Agata inizialmente si limitò a fissarla senza espressione.
– Ottimo lavoro – le disse, prima che svenisse per la fatica.
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It runs the way of the stars every night, timidly disclosing its extravagant face. Its eyes and its mouth have large seas for names, imagined when they were believed full of water. But water it is not: it is the bazaar of forgotten things. I dive from the chair and I sweetly hover above the candid sea, that is only awaiting for me to wake. I brush with my fingers the calm surface and the horizon merges with the sky in a single snow-white, blinding spot. I am already deep in the realm of lost things, looking for my sanity, when I notice the surface wrinkling. The black symbols rise from the chaos below, building long straight chains, forming a floating raft, that is full of new ferment. In its ecosystem, white spaces between words hide the links between different creatures, in mutual symbiosis. If I stop and watch, I can read the code of life in frantic evolution.
The highest moment is accompanied by the winds, blowing irregularly, which raise the foam on the still uncertain surfs. Ravished, I behold the birth of an island laid between the waves, that push it, slam it, wanting to dissipate it. But it is too late to surrender, it resists, it grows independently by now, and hosts a crib, a protecting embrace, a primordial broth, more and more active, uncontrollable. Fights for survival burst outside and within. The first attempts to independence go back up the veins, in which the new progeny pulses, and strongly cling to the ark, that carries them according to the whims of fate. Some lose themselves and fall in the abyss waiting below, others learn to know the environment and adapt to it. Strong with the experience, the offspring challenges the unknown surrounding it in every direction. A sapling raises from the ground fiercely rises, challenging the sky. Its branches extend brazenly offer themselves to the hostile wind, lashing them crudely. Its branches prevail, almost wanting to seize it, stop it, defeat it. Then again, no, the leaves examine it, listen to it complaining for the obstacle and, finally, let it go, gifting it with a new path. The treetop is now a sail to lead the raft at will. And the more the air shakes and the wind blows, the more it favors the new forest that grows.
Ravished by the evolution of the work, in my unconscious flight I let boughs come near me and I am engulfed. And I churn, I struggle to set free, with the only result of finding myself tired, emptied and lacking of ideas. So I look once again at the landscape come from nothing… but no, not from nothing, from hyperuranium! From the place in sneaked in myself, to find again a logic in my composition. And I hardly remember what happened before, fascinated by the variety that was growing and flourishing. And came, in end, to an understanding of its plot, I come to an agreement with the braid of my forest. Thus matured and independent I let it go, to visit other seas. And I am again free, looking at the sky and starting a new story.
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Ohhh nice week with Devian Art! :D
I put more pictures pf mine, i hope you'll like them. Some are recent and I'm doing new stuff inSL.
I'm preparing also a platform with some art for a exposition. I will insert pictures about it.

I am choosing the best snapshots, my preferred are the ones with nature.
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Yeah!
I've met Deviant art. Strange experience, but nice. Now it wil be my drug D:
I didn't yet undestand everything, but I will... for now, watch my picutes! :D
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