Eniss
Il sole del primo pomeriggio cuoceva prepotente il terreno riarso, in una regione desertica e lontana da ogni forma di civiltà. Al centro dell'arena le due Eniss si scrutavano immobili, a cinque metri l'una dall'altra, mentre le compagne, almeno un centinaio, erano tutt'intorno, in piedi, che gridavano agitandosi e incitandole al combattimento. I capigruppo se ne stavano in disparte, attendendo senza scomporsi la fine dello scontro. I volti delle due contendenti erano privi di espressione. Si stavano giocando tutto quello che possedevano: la vita. Non si staccavano gli occhi di dosso un solo istante, non battevano le palpebre, erano di pietra. Le urla si fecero assordanti, i piedi delle spettatrici colpivano ostinati la terra, sollevando una bassa nuvola di polvere che si espandeva ovunque. Una delle due predatrici respirò profondamente, l'indice della mano destra ebbe un fremito, una contrazione e un artiglio minaccioso si mosse. Fu il segnale d'inizio. Lo scontro fu improvviso, l'azione istantanea. All'unisono le due Eniss si piegarono in avanti e, a una velocità impossibile per l'occhio umano, schizzarono l'una contro l'altra. Gli artigli e le zanne di entrambe agirono in un momento imprecisato, rilanciando bagliori della luce del sole. I due corpi parvero attraversarsi a vicenda, arrestarsi immediatamente e scontrarsi di nuovo, come fossero legati insieme. Una nuvola rossa di sangue esplose, ma la lotta non si concluse subito, solo quando il gomito di una colpì violentemente il mento dell'altra, un rumore sordo decretò la vittoria della più forte. Il corpo privo di vita della sconfitta cadde pesantemente sul terreno. La tuta da combattimento era stata aperta, la carne squarciata. Dal collo e dal petto della sconfitta le ferite mortali inondarono di sangue la vincitrice e la terra ai suoi piedi.
Il pubblico, sempre più incontenibile, esultò di piacere per lo spettacolo e alcune gridarono il nome della sopravvissuta. Quest'ultima lanciò una lunga occhiata al cadavere che poco prima era appartenuto a una sua simile. Così, senza alcun ripensamento, l'aveva uccisa con l'abilità acquisita durante il lungo addestramento. Era orgogliosa di sé in quel momento, prima di dover tornare alla dura vita quotidiana. Aveva dimostrato la sua superiorità senza riportare ferite e ora avrebbe meritato il rispetto delle altre.
Il Commissario German mosse veloci passi attraverso l'ampio corridoio dell'edificio, che per l'incuria si poteva vagamente definire casermone. Una donna anziana attendeva il suo arrivo e subito ella si dimostrò molto disponibile e riverente nei suoi confronti.
"Non è una donna, ma una vecchia Eniss", pensò German, mentre la giudicava dall'alto in basso, "non ho nessuna voglia di rimanere in sua compagnia."
– Facciamo presto, la chiami, la porto via subito.
La vecchia fece un inchino rispettoso. – Sì, signor German, procedo immediatamente.
Si allontanò, svanendo in un'altra ala dell'edificio.
Dopo pochi minuti la porta cigolò e si affacciò un muso peloso, simile a quello di un pipistrello, ma portato da un corpo eretto, dal profilo umanoide. A seguirla nella stanza la lunga coda felina, che subito andò ad attorcigliarsi attorno alle gambe, in segno di remissione. German seguì la linea tracciata dai lunghi artigli ingialliti degli arti superiori. "Ingialliti per via del sangue con cui si sono bagnati", pensò. La giovane Eniss indossava una tuta standard da combattimento, che la identificava come una recluta del campo. Era ricoperta di peli, era questo l'elemento dominante del suo aspetto, molto sgradevole per un ordinato uomo di città come German. Odiava dover avere a che fare con quelle creature, ma il lavoro lo esigeva. "Un animale indigeno del pianeta, la cui evoluzione della specie è stata guidata dalle mani esperte dei Tleilaxu". Incrociate con geni umani le Eniss avevano acquisito intelligenza, senza perdere la loro indole feroce e sanguinaria. Allevate e addestrate a scopo bellico, più spietate dei soldati Sardaukar e più insidiose dei Fremen del pianeta Dune, le Eniss erano state impiegate con successo per sedare alcune ribellioni ai confini dell'impero.
– Il tuo nome è Cristam, giusto? Ho visionato la registrazione del tuo esame della settimana scorsa, nell'arena. L'hai superato brillantemente. Il tuo posto non è più qui: è venuto il momento di mettere in pratica il frutto dei tuoi allenamenti. Sei stata scelta come cacciatrice, da domani lavorerai nella sezione anti evasione nella città di Sadir.
"Quando una recluta lascia il campo di addestramento lo fa o in pezzi o per cominciare un lavoro", rifletté la giovane Eniss, "è giunta l'ora di mostrare quanto valgo. Di iniziare una nuova vita."
Nella piazzola esterna all'edificio c'era ad attenderli un'ala, veicolo che Cristam non aveva mai visto prima. German invitò la ragazza mutante a salire velocemente, quindi fece cenno al pilota di partire. Prima ancora di vederle, la giovane Eniss avvertì la presenza di tre persone oltre a loro. Uno era ai comandi dell'apparecchio, ma gli altri avrebbero dovuto viaggiare vicino a lei. C'era un uomo più giovane del Commissario, coi capelli biondi e gli abiti chiari e poi... un'altra Eniss, che guardava fuori dal finestrino, distrattamente. Doveva essere un po' più vecchia di lei, ma non di molto. Indossava abiti umani. Cristam esitò.
– Siediti – l'ammonì subito German, stizzito da quel comportamento.
La ragazza obbedì senza discutere. Era molto sorpresa d'aver trovato una sua simile nel veicolo. L'apparecchio iniziò a rollare e in breve si staccò dal suolo. La giovane Eniss guardò con aria di sfida la sua simile, aspettandosi di dover litigare, ma questa non fece alcun cenno di badare a lei e continuò a fissare il finestrino. Non mostrava il benché minimo interesse per Cristam, era del tutto rilassata, anzi, si poteva avvertire della noia in lei. Era strano. Di solito due Eniss che non si conoscevano si affrontavano per stabilire un ordine di autorità, pensò la ragazza. "Perché questa tizia mi snobba? Come si permette?" Sapeva di non poter far niente in presenza degli uomini, ma avrebbe voluto metterle le mani addosso.
German diede una rapida occhiata alla giovane, che lesse nella sua espressione le parole: "non fare niente di niente finché non arriviamo." Doveva riuscire a trattenersi.
L'uomo biondo parlò. – German, ti devo mollare a Sadir, ho un appuntamento fuori città.
German inarcò un sopracciglio. – Ho bisogno di te al Congresso, Salo. La presento da solo la relazione sul controllo climatico?
– Non ti arrabbiare, il lavoro che abbiamo fatto è perfetto, non c'è bisogno della mia presenza. Gli altri membri gradiranno la tua esposizione – commentò Salo, quindi puntò lo sguardo verso la giovane Eniss – è questa allora la nuova leva per la sezione 95?
Il Commissario rimase serio. – A proposito, Agata, dovrai badare a lei.
– Cosa?! – esclamò l'altra Eniss, come se fosse stata risvegliata bruscamente. La sua voce possedeva un tono stranamente umano. Cristam la osservò rimanere a bocca aperta.
– Perché credi di essere stata nominata Ispettrice alla 95? – continuò l'uomo – Dovrai prendere questa Eniss e portarla a destinazione una volta in città, io non me ne voglio occupare. E soprattutto dovrai assicurarti che non si metta a fare cose strane. Abbiamo appena lasciato un campo di addestramento, ti ricordi d'esserci stata, hai presente le tue vecchie abitudini? Dovrai controllare che non aggredisca nessuno e che mantenga un comportamento decente.
Agata guardò Cristam, poi di nuovo German, era scioccata. – Mi dovrò sorbire la novellina? Questa è una carognata! – disse, puntandogli contro un artiglio – Tu vuoi farmi un dispetto perché sono stata promossa. Credevo avrei avuto il tempo di dedicarmi agli studi in Accademia...
– Rimarrai al reparto – rispose il Commissario, risoluto – ti prenderai cura di lei finché non sarà pronta e la presenterai agli istruttori, le farai da guida in città, non può girare da sola. Io sono oberato di lavoro, anche per colpa di Salo, che sottovaluta la sua posizione...
Salo sorrise di nuovo, per nulla preoccupato. Agata si appoggiò allo schienale del sedile, con aria rassegnata. Tornò a guardare fuori. Cristam, muovendo gli occhi per fissare uno dopo l'altro i suoi compagni di viaggio, sentì la sua carica aggressiva venire meno. L'altra Eniss era dunque una veterana e da oggi avrebbe dovuto obbedirle. "Una situazione seccante. Ma non potrà essere peggio del campo."
– Ehi, c'è un verme! – esclamò Agata, che si era rivolta di nuovo ad ammirare il panorama.
Salo si sporse per guardare. – È arrivato sin qui? Mi sembra piuttosto anomalo. Erano anni che non ne vedevo uno. Li avevi mai visti, Cristam?
German la fissò cupo: "rispondi."
– No, mai – biascicò timidamente. La sua voce era raschiosa, con un che del sibilo del serpente.
– È enorme – commentò Agata – sarà lungo quasi un chilometro.
– Chissà cosa lo ha spinto fino a qui – proseguì Salo – i cambiamenti climatici di questo pianeta non finiscono mai. Tutto merito della desertificazione troppo veloce, allo scopo di ottenere l'allevamento delle trote della sabbia e la produzione della spezia miracolosa, il melange.
Il Commissario lo guardò di sottecchi.
Agata gridò. L'attenzione dei passeggeri fu subito rapita da ciò che stava indicando la Eniss: un gruppo di persone correva allontanandosi da un relitto in fiamme.
– Sono sulla traiettoria del verme – notò Salo – dobbiamo scendere a recuperarli, o verranno divorati.
Il Commissario fece cenno al pilota e l'ala compì una stretta virata, puntando su di una spianata.
I sopravvissuti all'incidente aereo si affrettarono a raggiungere i soccorsi. Erano in sei e potevano essere imbarcati, c'era spazio a sufficienza a bordo. Indossavano l'uniforme delle guardie speciali di Sadir.
– Cos'è accaduto? – volle informarsi il Commissario.
– Abbiamo avuto un guasto agli scudi e contemporaneamente siamo stati attaccati. Un cannone laser di terra ha colpito lo scafo.
– Ci sono vittime?
– Non riusciamo a trovare i due prigionieri che trasportavamo.
– Qualcuno deve aver organizzato un'evasione – commentò Salo – probabilmente sono ancora vivi e fuggono attraverso il deserto. I complici li recupereranno.
German sorrise. – Agata, ti va di fare un giro?
– Ah, no! – protestò lei – Manda la novizia: basta e avanza. – non attese che se ne occupasse il Commissario – Cristam – disse, rivolgendosi alla giovane – ti do il permesso di fare ciò che vuoi con i fuggiaschi. Valli a prendere.
– Ma non si perderà nel deserto, da sola? – commentò Salo – Non è mai uscita dal campo prima d'ora. E poi c'è il verme.
German intervenne. – Le Eniss hanno un addestramento adeguato. Noi sorvoleremo la zona. La recupereremo quando il verme si sarà allontanato. Ora va!
Cristam non credette alle proprie orecchie, poteva davvero andare a caccia. Una caccia vera. Schizzò fuori dall'abitacolo dell'ala e corse a quattro zampe sulla calda sabbia del deserto. La persero subito di vista, dietro una nuvola di polvere. Il vento si stava alzando.
"Se incontri un verme muoviti come la sabbia delle dune. I tuoi passi devono essere irregolari. Il verme è attratto dalle vibrazioni, devi ingannarlo, fargli credere di essere il vento, una pietra che rotola e non una creatura viva che lui possa mangiare." Questo insegnamento le occupò la mente, mentre oltrepassava una piccola duna. La prima cosa che fece fu di raggiungere i resti del velivolo schiantato su delle rocce, in cerca di una traccia. Il fumo si levava in alto e tutt'intorno, riempiendole i sensi. Entrò nell'abitacolo sfasciato, annusando il passaggio degli umani, cercando di distinguere tra il puzzo delle guardie e quello dei prigionieri. Il suo obiettivo erano un uomo e una donna. Uscì di nuovo sotto il sole e subito trovò la traccia odorosa. Quando raggiunse la sabbia vide le orme. Ora c'erano solo lei e le sue prede. Non esisteva nient'altro, né il verme, né i suoi padroni che la spiavano dall'alto. La distanza che la separava dal suo obiettivo non faceva che aumentare la frenesia della caccia. Altri segnali odoriferi si sommarono: i complici. Effluvi strani, di sudore del deserto, di sabbia appiccicata alla pelle. Li poteva contare, erano otto umani in tutto. La pista si divise, Cristam si bloccò di colpo e si guardò intorno. Un'ombra si sollevò da dietro una duna alla sua destra, nella direzione del sole. La Eniss scattò in avanti, per evitare un colpo di fucile laser, che bruciò solo la sabbia, sfrigolando. Un altro uomo spuntò da dietro delle rocce, alla sua sinistra. Cristam approfittò del vento, che la nascose dietro una rapida nuvola densa di polvere. Quando la nube passò, lei non c'era più. Un urlo terribile squarciò l'aria rovente e le rocce si dipinsero di rosso. Una testa rotolò in mezzo alla radura, lasciando dietro di sé un guthrah bianco, il copricapo degli uomini del deserto. Cristam saltò al di sopra di un masso, reggendo con una mano il corpo decapitato e insanguinato, facendosene scudo. Le sue zanne gocciolavano sulla pietra, la sua gola emetteva un suono che era garanzia di morte. Un laser bruciò il petto del cadavere. La Eniss ne scagliò i resti a diversi metri di distanza, mentre lei svaniva come una fata Morgana.
Gli umani si radunarono ai piedi di una duna, in una posizione dalla quale avrebbero potuto controllare ogni direzione.
– Raggiungiamo il vostro trasporto prima che quel mostro salti fuori di nuovo – suggerì la donna.
– La slitta si trova a duecento metri da qui – commentò uno dei complici – hai visto quant'è veloce? È una maledetta Eniss, un soldato mutante, ci farà a pezzi se non la uccidiamo prima noi.
– Formiamo due gruppi e separiamoci.
– Se restiamo uniti potremo concentrare il fuoco. Tu non sai con che cosa abbiamo a che fare.
– So che sta arrivando un verme e quello mi sembra peggio!
Una piccola frana di sabbia sibilò sopra di loro. Un intreccio di raggi laser fece esplodere la cima della duna. Il gruppo si allontanò per non finire avvolto nella nube che precipitava.
– Forse l'abbiamo uccisa.
Un macigno piombò su di loro, come piovuto dal cielo. Uno degli uomini fu colpito a una spalla e cadde, urlando di dolore. Le risa beffarde della Eniss invasero l'aria.
– Lasciamolo qui e fuggiamo – insistette la donna, sempre più impaziente.
– Noi non abbandoniamo i nostri feriti – l'uomo aiutò il caduto a rialzarsi e ad appoggiarsi a lui.
La belva al fine si fece vedere. Avanzava lentamente a quattro zampe, una tigre che punta le prede mentre le sceglie, facendo scivolare la sabbia lungo il pendio, agitando la coda in alto. Gli umani concentrarono il fuoco nella sua direzione. Cristam saettò agilmente da una parte all'altra, evitando le piccole esplosioni, che generavano violente bolle grigie sopra il suolo instabile. E nel frattempo incombeva, avvicinandosi.
Un'esplosione la colse alla sprovvista dinanzi al volto. La Eniss balzò indietro, accecata e confusa ruzzolò lungo il pendio. Il fuoco s'intensificò, mentre gli uomini cercavano di colpirla attraverso il fumo. Un raggio la centrò al fianco, un altro le staccò di netto un avambraccio. Cristam urlò di dolore, maledicendo se stessa per il proprio errore.
Voom voom voom
Le vibrazioni erano nitide, impossibile per una Eniss non percepirle: il verme era quasi su di loro. Cristam respirò a fondo, distesa sulla terra. Non aveva chance se rimaneva ferma. "Uccisa dalle mie prede? Mai!"
Quando i ribelli, gridando eccitati, giunsero dove l'avevano abbattuta, lei non era lì, inerme ad aspettarli, come se l'erano immaginata.
Voom voom voom
Ora riuscivano a udirlo anche loro.
– Il verme ci è addosso, fuggiamo.
Gli umani si voltarono. Il vento capriccioso alzò la polvere alle loro spalle. Il colore della sabbia mutò come la luce del tramonto, dal bianco al rosso. Gli schizzi di sangue bagnarono la polvere, che ricadde pesante su di loro. Uno degli uomini vide solo un lampo, il riflesso del sole sugli artigli di uno spettro e poi il buio. Il rumore delle ossa che si spaccavano si mescolò a quello delle urla di agonia. I fucili fecero fuoco tutt'intorno, sparando ai fantasmi e ai miraggi. Il vento giocò con loro, generando turbini e gettando la sabbia negli occhi. Il vento cessò. Il muso bruno di un demonio apparve attraverso la coltre, mentre la sabbia si posava. Già era altrove, quando i laser bucarono la polvere, disegnando rapidi vortici. L'uomo ferito alla spalla sbiancò e guardandosi il braccio destro scoprì di non averlo più. Il suo compagno lo lasciò e si mise a sparare all'impazzata, gridando. Una figura magra balzò in alto, piombandogli sopra come un serpente da un albero.
"Ne rimangono quattro", pensò la Eniss.
Il verme scosse il mondo attorno a loro, l'atmosfera si riempì di un odore acre di spezia. I sopravvissuti all'assalto fuggirono verso l'unica speranza di salvezza: la slitta. Cristam si mise all'inseguimento, gareggiando contro di loro con tre zampe ancora sane. Il primo che raggiunse fu il prigioniero maschio, lo azzoppò recidendogli entrambi i tendini d'Achille. A terra lo girò per fissarlo in volto e mostrargli le zanne, prima di finirlo aprendogli la gola con l'avorio. Gli sembrava estremamente facile adesso dargli la caccia, esseri lenti messi in fuga dalla carica del predatore. E il mostro enorme si apriva la strada nella sabbia, facendo crollare le dune tutt'intorno.
Un altro fuscello di carne venne scaraventato via come una bambola scomposta. L'ultimo maschio inciampò da solo e morse il terreno. La Eniss eccitata frenò di fianco a lui. Avrebbe voluto giocarci, con quel topolino che tremava impaurito, ma c'era un'altra preda ben più importante. Con gli artigli dell'unica mano che aveva, gli trapassò il fragile petto e dilaniò la carne morbida del cuore. Non perse tempo e schizzò in direzione della donna. Dov'era? Non la vedeva. Una forma strana e metallica emerse rumorosamente da dietro a un cumulo di rocce. Il terreno si sollevò di colpo, schiacciando Cristam e la slitta contro la sabbia. Il corpo spropositato del verme si faceva strada per venire alla luce. La donna sforzò il motore del veicolo per costringerlo ad avanzare. La Eniss raggiunse quella scatola scintillante e vi si aggrappò a una sporgenza con gli artigli. Ma non riuscì a mantenere la presa, il motore diede uno strappo e Cristam ruzzolò lungo il pendio della montagna sollevata dal bestione sotto di loro. La testa enorme del mostro crebbe, al pari di un vulcano in eruzione. Un'ampia grotta si aprì e le diverse file di denti acuminati si presentarono, pregustando il banchetto. La donna non riuscì a modificare la rotta e il trasporto spiraleggiò inesorabilmente dentro la bocca del colosso, svanendo per sempre nell'abisso del suo corpo. La testa del mostro continuò a grondare sabbia e a emettere un vento caldo assieme al suo ruggito, che faceva tremare le rocce depositate lì attorno. La Eniss, paralizzata dal terrore, cadde in ginocchio, convinta che la sua giovane vita volgesse al termine, divorata dal Signore delle sabbie. Il verme rimase immobile sopra di lei, in un momento che sembrò sospeso per l'eternità. Lentamente il corpo del gigante si ritrasse, sempre di più, facendosi strada e sprofondando sotto la sabbia. Cristam non si destò, preda dell'evento eccezionale era tornata bambina, impaurita di fronte a un essere più grande di lei.
Il verme scomparì. In lontananza si udì il ritmo costante di un martellatore, il marchingegno studiato per distrarre quei titani, un'esca efficace che li richiamava altrove. Qualcuno l'aveva salvata.
La Eniss cadde sulla schiena, con la faccia immersa nella luce del sole. Per un attimo il cielo si oscurò, era l'ala che planava sopra di lei: erano tornati a prenderla, come promesso.
La portarono a bordo del veicolo e in breve ritrovarono anche l'arto amputato.
– Tranquilla, Cristam – fece il Commissario, incerto se essere preoccupato per lei – ora si va diretti a Sadir.
Salo le sorrise e le strizzò un occhio. Agata inizialmente si limitò a fissarla senza espressione.
– Ottimo lavoro – le disse, prima che svenisse per la fatica.